sabato 25 maggio 2019

Alchemilla




ALCHEMILLA

il 1 febbraio 2019 ha inaugurato Alchemilla a palazzo Vizzani Sanguinetti, curata da Fulvio Kimento, ha fatto una scelta di artisti insolita, equilibrata e lungimirante per il risultato eccezionale della mostra:
Alessandro Ferri in arte Dado
Claudia Losi
Cuoghi Corsello
David Casini
T-Yong
Nelle organizzazioni di Fulvio c'è sempre un'atmosfera serena di collaborazione, un manto magico pervade tutto sintetizzando  pace  favolistica ad alta tensione artistica.
Hanno collaborato anche fisicamente gli "sponsor" della mostra: Carlotta Minarelli, Fabio Catelani, Camilla Sanguinetti, la proprietaria del palazzo. Si sono prestati, oltre che aiutarci ad allestire, a tenere le sale aperte e accoglienti al publico, a turno, nei giorni seguenti all'inaugurazione.

Così scrissi nella mail di invito

Venerdì 1 febbraio.
Dalle 19 Nelle grandiose sale di Palazzo Vizzani Sanguinetti in via S.Stefano 43, inaugurerà la mostra Alchemilla, curata da Fulvio Kimento, con: 
David Casini, Cuoghi Corsello, Dado, Claudia Losi, T-Yong Chung.
Scrive il curatore:
"ALCHEMILLA è un progetto site-specific ideato per le otto stanze di Palazzo Vizzani-Sanguinetti, che risultano disabitate da molti anni. Il tema della mostra è ispirato a La poetica della rêverie del filosofo ed epistemiologo francese Gaston Bachelard.
Gli artisti invitati presentano una particolare inclinazione a declinare il linguaggio scultoreo in forma di installazione. I loro lavori dialogano nelle sale del palazzo come fossero parole, lette o sussurrate, che“circolano nella penombra e gonfiano i tendaggi”, per parafrasare un verso del poeta francese Louis Émié, che riflette l’atmosfera e il fil rouge dell’allestimento nelle stanze di Palazzo Vizzani-Sanguinetti."

La mostra durerà fino al 16 marzo.


Abbiamo anche avuto un'ottima ufficio stampa: Irene Guzman.

Ogni stanza aveva una sua luce, ma tutte erano cucite nello stesso abito misterioso, i pavimenti scricchiolavano e i muri trasudavano di vissuto, gli echi e le porte nascoste facevano sentire tempi lunghi e diversi, un sovrapporsi di pensieri vellutati e presenze necessarie che si armonizzavano dilatando e facendo saltare con garbo lo sguardo sui tanti dettagli di rovina e decoro, tutto rimaneva elegante, affascinando, accogliente ma staccato come una signora molto sapiente.




Camilla è stata molto generosa a farci giocare nel suo palazzo curiosando anche nelle soffitte-balene.


Questa mostra è arrivata quando stavo pensando alla morte di Anima Primavera, l'ho voluta collegare a Carbonio e Silicio provando con il Play-Doh a farne del viso stampi per ottenerlo di bronzo e metterlo qui da Alchemilla, con sotto un batacchio con il quale  bussando al muro ci si collega ad Anima nella dimensione della morte, come se qui fosse il piano di quando siamo morti, tutte le stanze del palazzo le ho sentite così.









All'inizio pensavo la prima stanzina, l'entrata, l'unica riverniciata di bianco apposta per questo pensiero, con il batacchio dello stampo di bronzo di Anima Primavera a destra con difronte SUF nero della mostra il segreto di Collo, una mostra del 2005 a Torino nella galleria di Guido Costa Projects proprio dedicata alla morte del mio gatto Collo e SUF nero era un monumento.


Siamo andati a Torino a prenderlo, lui ed Alchimilla.
Essendo il palazzo Vizzani-Sanguinetti voluto e costruito da una donna nel 500, infatti negli affreschi del palazzo ci sono anomalmente delle eroine femminili, caso raro perché usualmente solo gli eroi venivano dipinti, ma a Bologna siamo fortunati anche a  palazzo Poggi ci sono le eroine Susanna e Camilla... ho pensato che la mostra sarebbe stato bello chiamarla Camilla, come l'attuale proprietaria che se ne prende cura.
Ma lei non voleva apparire, così che al curatore è venuto in mente Alchemilla, legando questa mostra al nome di una pianta, come le precedenti da lui curate: Ailanto 1, Ailanto 2, Ailanto 3.
Non poteva non esserci allora anche la scultura del 2005 di Alchimilla, sempre esposta nella mostra sulla morte il segreto di Collo.
Non c'erano più i fiori della sposa alti, ho cercato altri rami tra i quali l'achemilla.
Ma torniamo nella prima stanza, non mi piaceva per niente li Suf nero e il batacchio, che fra l'altro è stato pronto successivamente, quasi alla fine dell'allestimento, appena in tempo, perché fatto fare anche lo stampo dal fabbro.
In questa stanza bianca immacolata ho installato C'era, uno degli stampi di prove di cera casalinghi, essendo il Play-Doh tenero si modificava la cera che versavo, facendo visi diversi sempre di Anima Primavera, bianco stava bene sul bianco, era un soffio al ricordo, un eterno piumino dalle sembianze di Anima fissato nel viaggio in cielo, c'era che non c'è più, ma c'è sempre, sotto di essa una sportina bianca con la quale l'ho casualmente portata, aperta, misurata, li sotto mi sembrava protesa a contenere in essenza tutto quello che buttiamo, facendolo sparire, che non c'è più, perdonando.
E nello stesso mi ricordava il porta acqua benedetta per intingere la mano quando si entra in chiesa e si fa il segno della croce.
L'immondizia che diventa purificata e benedetta attraverso al coscienza e la saggezza di come smaltirla, riutilizzarla, sparirla.








Davanti non poteva esserci più niente.


A sinistra una stanza che ho voluto con poca luce ricordava un luogo interno  di una tenuta da caccia, difronte sopra ad uno specchio lungo si rifletteva Lulù





il cane adottato all'orto botanico di Palermo quando abbiamo allestito Ailanto 2; grande prendeva perfettamente la parete difronte, e sembrava sempre essere stato li, in questa tenuta atavica della nostra cultura.





Fulvio, il curatore l'ha precisamente pensata li, specchiata quando entravi nella stanza, anche per collegasi al nostro insieme passato felice tra gli alberi di Palermo, ribadendo l'amicizia tra di noi di Ailanto e  questo cane libero che ci seguiva e amava la nostra compagnia pur essendo solitaria.
Li voleva anche una scultura di Dado di metallo, bronzea, ma bassa in un angolo non reggeva, su un'alta colonna che tagliava lo spazio del passaggio e della vista di Lulù dal divanetto, specchiante anche lei  accanto alla cagnolina, si ergeva in tutta la sua magnificenza, ma sempre senza essere invadente, in questa mostra infatti i lavori riuscivano ad apparire nella loro forma più smagliante senza primeggiare ne tra di loro e ne sullo spazio.










Da questa stanza sulla sinistra si andava in cucina passando in una saletta con una delle composizioni balzane e classiche al contempo di Casini, dove qui cita lo stesso pavimento del luogo.
La cucina era uno spazio vivo di convivialità.



dalla stanza di Lulù si vedeva a terra il lavoro della Losi,




oggetti in bronzo che simulavano quello che ritrova passeggiando nei boschi, con attaccate delle escrescenze di terra, argilla, che sembravano funghi, licheni.







Sempre a terra in fondo due sculture di cemento di T-Yong, pesanti ma all'occhio leggere, posate, elegantissime trottole per giganti, forme senza senso sensatissime.





Tra di loro a sinistra altri due "orpelli gingillanti stili rappresentanti" di Davide, oltretutto bravissimo a fare le luci in questa stanza.





Per i più attenti si potevano notare le borchie di ottone a terra, ferma tende che molto si intonavano agli oggetti di Claudia



 e un pedino di argento che allargandosi da un ramo era attaccato alla porta e si poteva anche non vederlo, non era intenzionalmente illuminato. 
Perverso e pauroso, tutti questi oggetti erano come trovati sotto il mare, da qui la mostra comincia a farsi sentire sott'acqua.










A destra una stanza con la carta da parati scura sulla quale ho avuto il permesso di dipingere lo spirito delle ragazze, una foto del 1998, Arianna,




i colori scelti casualmente erano gli stessi delle forme stampate sulle tende di T-Yong nel secondo centro in fondo della stanza, mi piaceva il sovrastare di queste sopra l'immagine dipinta che non essendo illuminata, ho dovuto lottare molto per ottenere che non lo fosse, sembrava essere li nella casa da sempre, come gli altri spiriti che smarriti durante la mostra hanno trovato alleanze.



























Anche il rosso arancio di Dado era nel dipinto, ha messo una pila di tavole trasparenti di plexiglass inframezzate da disegni su lucidi, con le lucine in basso creava un effetto tridimensionale.














I disegni sarebbero stati meglio, forse, stampati sui plexiglass, ma soprattutto le lucine che si vedevano in basso mi davano fastidio, anche la collocazione in mezzo alle porte non mi sembrava la più appropriata.



Perdeva la magia il lavoro nella stanza dritta seguente di Casini, era un disturbo vero e proprio, non sempre i disturbi nuociono, ma secondo me in questo caso si.
Il lavoro di Casini visto dalla stanza dov'era guardando il corridoio.



Ecco l'armoniosa composizione aerea, si muoveva ogni tanto, ma così lentamente da non accorgersene.


Madonna Casini è la fonte di ispirazione, questo artista è legato al passato e affronta nelle sue opere dei ritratti spaziali delle antiche icone, credo che la sua provenienza fiorentina sia prevalsa in lui.

















Ho fatto uno scherzo a Bufalini, quando è venuto a vedere la mostra, avevo messo il suo guanto con la zampina di coccodrillo, che gli avevo riportato, qui sopra al camino, stava bene, forse.



Per l'ultima stanza si passava davanti allo spirito delle ragazze e alle tende di T-Yong.




Non tutti avevano la forza o l'astuzia di oltrepassarla per individuare a destra un'altra porta.




Qui a destra incombeva SUF, nero livido, anche lui senza luce, severo e protettivo.






Lo illuminava un'altro fulmine della mostra Rolando, quello con dentro il gas nobile Argon, proprio il gas con il quale sono composti i fulmini, il primo che feci modellare, si ruppe  e andandolo a prendere aggiustato, il nostro neonista Luca Vignudelli abilmente li salda, l'ho portato sincronicamente qui.
Abbiamo composto questa stanza per ultima,
è stato difficile un poco perché cambiavamo sempre idee,
una dell'inizio era rifare Standing Door, la porta che stava su da sola a Cime Tempestose, con dietro la luce forte al neon, una porta della morte con aldilà la luce, ma le prove con le porte presistenti non hanno dato l'effetto desiderato, allora poi
volevamo fare Rolando con anche il sonoro, ma con i neon appesi, sospesi nella stanza... come fosse il mare, con Suf laggiù cancrenizzazione marina e anche un pesce, amico di Anima (non Anima Primavera, ma l'anima  di tutte le mie bambole) che sono andata a riprendere con il dispiacere di lei e dei suoi bambini da mia sorella Eleonora, lo avevo dato all'inventore, suo marito, per aggiustarlo o cose del genere durante il trasloco della FIAT nel 2005 e li da loro era rimasto, mi piaceva la serietà di Rolando con la faccia del pesce che appeso anch'esso guardava in primo piano le persone dando un vero senso di essere nel mare, ma non potendo attaccare le cose in alto abbiamo abbandonato questo impegnativo progetto, si perché avrei voluto mettere tutti i neon sospesi di Rolando.
Mi sono accorta poi che la mostra sembrava tutta sotto il mare, che non lo sarebbe stato solo questo lavoro, troppo esplicito.
Mi sono accontentata e sul tavolino di vetro, sul quale tutti abbiamo provato a installare cose, è finito il primo fulmine, il quale, prima di fare gli altri, lo tenni in casa per molto, era sulla vetrina con l'unicorno di ceramica, così che quando ho visto la A di dado inquieta non trovare posto, l'ho messa con lui,  bianca verso il cielo come l'unicorno.














Fulvio mi ha confidato che seduto in questa stanza si sentiva al suo giusto posto.















A destra sulla parte stracciata di carta da parati ho messo il batacchio, che batacchio non è più, non so bene come è avvenuto, o forse si, giocando come quando si gioca sul serio con la parte non razionale del cervello, con il Play-Doh ho fissato una goccia intorno al collo dello stampo di bronzo, perché poco prima all'Archiginnasio mentre montavo i maghi mi era caduta rompendone la parte sopra con l'anellino, così invece che un batacchio di vetro sonante è diventata una goccia di materia che dal collo scende come se fosse l'essenza di Anima Primavera che muore di la, a Carbonio e Silicio, e si trasmuta di qua da Alchemilla.
Anche gli occhi li ho fissati da dietro con il Play-Doh azzurro, il fabbro non mi ha fatto la struttura di bronzo per farli chiudere ed aprire, credo si sia scordato.
Nel collo presiede il chakra Vishuddha, dai 16 petali, quello delle creatività, quello della forza cosmica Tripunra Sundari che ha sempre 16 anni, che crea sempre come un'eterna Primavera.



























Torniamo all'entrata dove c'era C'era.


Dritto si andava in una lussuosa stanzona con grandissimo lampadario chandelier funzionante, vetrine, camino con sculture e seduta da principini, passando sulla destra uno strano cubo con parete di vetro dove sono state sistemate a terra una grande scultura di Dado e stampe con disegni sul vuoto come quelli delle tende, di T-Yong.







Entrando nella stanza e guardando indietro a sinistra c'era il vuoto, nel senso che non c'erano opere, non è stato facile far resistere a questo.


Davanti fin dall'inizio due sculture di T-Yong su piedistalli di legno, già preesistenti nella casa come quello della scultura di Dado nella stanza di Lulù.
I volti di gesso sembravano marmorei, i classici visi, quello di destra sistemato più in basso la faccia di sua moglie, sono come tagliati da un piano regolare che ha fatto mancare precisamente una parte del viso.








































Non trovava posto Alchimilla e il suo mare, già ecco il mare anche qui, poi vedendo le statue del camino e quelle di T-Yong che pesavano a destra e davanti, ho pensato di contribuire a questa visione aggiungendo ancora con un'altro modo di fare statua, ma invece che pesare, Alchimilla alleggeriva, e la composizione complessiva statuaria era una grazia per gli occhi che si posavano su tutti questi diversi modi di espressione, come se fossero alieni di pianeti diversi.
Alchemilla era stata imballata e legata ad una scaffalatura per tutto questo tempo, così che nei piedi come rocciosi si era spezzata in più punti, non so come ha fatto, anzi come fa a stare ancora li, in piedi sempre più eretta, abbiamo ultimato le casse per lei e il mare e tra poco la porteremo via.






















Girandoci verso l'entrata ci sono le due vetrine,



a sinistra lasciata in pace e a destra un lavoro di David Casini con la maschera di bellezza, ha preso delle immagini da un libro di quadri antichi scegliendo le più belle per lui e ha ritagliato le maschere come quelle che ci si mette sul viso per migliorare l'aspetto.
















Il suo gallerista di Car contentissimo la fotografa.



Se si segue il mare di Alchemilla si raggiunge un'altro lavoro nascosto di Claudia Losi, dentro ad uno spazio di servizio una specie di piccola capanna di tronchetti di spine di rose in bronzo.
Questo lavoro procura la mia invidia.
Non si invidia quello che piace, ma quello che è già dentro di te e ci giravi intorno e non lo hai espresso ancora, ho messo le spine vere ad Alchimilla per collegarmi a questo bellissimo lavoro.
Mi accontento di un collage tridimensionale e un video che feci nel 1998 con cocaina e un tronchetto di spine di rosa...










Anche questa sala che si poteva mirare dal comodo divano baldacchino rosso o camminandola, era come essere dentro al mare, con i suoi reperti e luci sognanti, il mare di Alchimilla!
 é un argine di terra che seccandosi è crepato, sono stati dipinti i pezzi ad olio con la vernice finale, si compongono come un puzzle i pezzi rotti verniciati, sopra passeggiano serpenti di gomma che hanno tenuto bene questi 13 anni di distanza, Alchimilla ha invece stelline sul suo copro sempre colorato con l'olio.





Non è finita, c'erano dei lavori esterni, le grandi carpe cucite con le coperte povere, militari credo, sparse nel vasto corridoio prima dell'entrata, anche queste hanno faticato a trovare il loro posto, è stato Fulvio a capire dove dargli vita lanciandole in questo primo mare.






Sotto davanti all'entrata nel palazzo l'altalena di Dado esposta a Villa dei Quintili.



Pronta a spararti in alto nelle stanze acquatiche di Alchemilla.







 Avevamo degli ottimi custodi volontari studenti dell'Accademia .







Ancora una nostra opera, il curatore Fulvio Chimento teneva in mano il ritratto di Alan Turing, passato alla fine dell'inaugurazione al critico  Gabriele Tosi che l'ha potato alla fine della serata il giorno dopo a Carbonio e Silicio.






















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