mercoledì 31 gennaio 2018

Rolando



ROLANDO








Rolando è stata una mostra speciale, perché quello che avevo in testa fantasiosamente si è realizzato perfettamente.

Il 14 settembre del 2017 l'abbiamo inaugurata al Museo Macro di Roma, una doppia mostra, come ci è capitato molte volte nella vita, in due grandi sale gemelle speculari da una parte noi e dall'altra Simone Berti.


Costantino D' Orazio ci ha voluto e ha curato le installazioni, il suo progetto era di fare molte mostre con artisti che hanno dato qualcosa di importante con il proprio lavoro agli anni novanta, ma perlomeno al Macro, tutto si ferma qui perché il museo ha cambiato i "padroni".



Avevo scritto questa mail per invitare gli amici a vedere la mostra:

17 agosto 2017 ore 16.54

Ascolto le nostre registrazioni basso e pianoforte per scrivere.

ROLANDO

Il nome nasce dal fatto che chiamo sempre Arduino, il pezzo più importante della centralina che muove le luci, Rolandino,
ormai da qualche anno, da quando lo abbiamo scoperto e usato con Max, genio che ci aiuta nei lavori elettronici,
ho influenzato anche lui a chiamarlo Rolandino.

La prima volta che siamo andati a Roma per vedere la sala che Costantino Dorazio ci ha offerto e  i tantissimi quadri del deposito 
che ci ha suggerito ad usare per l’installazione, riscontrando subito il nostro interesse, siamo  finiti in un cimitero enorme mentre ci instradavamo, sbagliando, 
dalla stazione Tiburtina all’albergo.
Cipressi altissimi, pulizia, vuoto sonoro, felicità, appagamento, rovine, il tempo, qui più che in ogni altrove del soggiorno romano.

Quando abbiamo guardato i quadri ci è venuto in mente il cimitero e pensandoli  a tappezzeria in ogni muro della sala ricorda proprio un posto dove le anime 
persistono o sono di passaggio e dove il silenzio è sonoro.

L’idea che era arrivata a Bologna dopo aver saputo di poter avere i quadri è stata quella, immediata, di metterci sopra i fulmini che stavamo studiando per una mostra 
non ancora realizzata da Guido Costa Projects a Torino.
I fulmini poseranno sopra ai quadri distanziati, senza toccarli.

Come una separazione di piani, violando il contatto e creando una distanza che lascia in pace le opere che riposavano nei magazzini del museo Macro.
La luce dei fulmini si abbasserà quando il sonoro che stiamo preparando si alza e si alzerà quanto e quando più ci sarà il silenzio, rimarrà sempre comunque non sufficiente per vedere bene i quadri, sottolineando l'intimità della relazione come se guardassimo dei morti che appaiono solo in Rolando.

Evocativa, una canzone che cambia ma nello stesso la stessa che suoniamo da 10 anni.

Mio zio Rolando è morto qualche anno fa, e questa mostra lo ricorda, ricorda il cimitero dei miei parenti a Felonica, lo stile anni settanta della foto di Rolando sulla tomba.
Per questo si chiama Rolando, semplicemente per queste due cose, rolandino e i morti, il loro mondo sottile che da sempre avviciniamo nei nostri lavori.
C’è invece anche un terzo motivo, il primo titolo che ho sentito era RICORDANDO, si bruttino, Claudio lo ha escluso a priori, ma poi giocando con Rolandino, Ricordando ricorda Rolando.

I fulmini, linee al neon di millimetri 10 che astrattamente ho disegnato con il filo di alluminio e l’abile neonista Luca ricalcati modellando con il fuoco il vetro, sono trasparenti,
così che si possa mirare l’interno composto dai nobili gas che pulsano luminosi ognuno con una sfumatura di colore del fuoco per donanarci la  luce, il Neon giallo arancione rosso, l’Argon azzurro, e quello di un lieve magnifico mortuario rosa, Luca  vuole mantenere il segreto della consistenza, negando la conoscenza anche al padre, suo maestro in questa disciplina impegnativa.
Ora non penso ad altro che sperimentare nel prossimo futuro il costosissimo Elio, sarà possibile fare un tubo di vetro così leggero che con esso dentro sarà sospeso come le campanelle di vetro fatte fare a Venezia  sostenute dai palloncini con l’elio? E  di che colore sarà la consistenza luminosa dell’Elio?
Ma torniamo a questa  mostra, a questa mostruosità.

Ieri 26 agosto mentre facevamo merenda ho visto il cestino di 50 metri di filo spinato che comprai qualche mese fa solo per la sua bellezza, ho pensato di portare ancora più distanza tra i quadri e i fruitori, di metterlo al limite dei sostegni dei neon tutto intorno alla sala, così da proteggere quadri fulmini e persone da loro, un confine deciso, pericoloso, come era quello della FIAT, la terza fabbrica occupata, alte reti, alti muri, arrugginito ferro spinato, cocci di vetro "incementati", i confini possono essere anche qualcosa di prezioso, e di vulnerabile per la potenza dello spirito del bisogno o della ribellione.

Sono preoccupata per i ventilatori che in basso emettono aria, spero che accetteranno di spegnerli per rendere il luogo più carico e suggestivo con la musica dei Gesù Cristina.



Claudio ci teneva che scrivessi che la nostra musica è dilettantesca come i quadri che esponiamo, vogliamo dare valore al dilettantismo e alla diversità di questa natura ineffabile che fa di ogni essere un diverso tesoro, mi sono innamorata di ogni quadro che ho esaminato e adattato  a giuste misure  per poterli comporre virtualmente alle pareti, fatica  rinunciare ad alcuni di loro per l’esaurimento dello spazio.
238 scelti più 6 in riserva.
Abbiamo suonato  ora, sembrano canzoni taumaturgiche, Claudio mi chiede chi guarisce, gli rispondo io, ma non solo credo.

Ora suona solo lui, la musica del basso mi riempie, la lentezza di me si impossessa e finalmente sono in pace.
Ora e null’altro che ora, simbolo del nulla, dell’eternità della gloria del presente assente e infinito.

Decenni a sopravvivere alla vita che rende tutto futuribile e passabile, passato ostentato e mal ricordato,
ti ho ritrovato momento, la musica è come il corpo presente.
Assente il vuoto che colma assente la nota che tace assente il vuoto respiro mi attivo a ritrovare l’ossigeno, ma contento il cervello di vuoto lucente
che mente, scoprire i sapori della luce
confondersi con le tenebre del sapere 
per comandarsi a tacere.

Null’altro che poveri saranno in cammino, i ricchi si sono fermati sopra al gradino.
Tace la notte perché non può svegliare, di seguito il giorno non riesce più ad amare.

Le note cupe sono come il formaggio infieriscono sul motorio ma rendono felice il palato.

Il cuore anche gode e di una cicala ricalca il battito.

L’estate è meravigliosa e le stelle cadono dentro ai nostri occhi bagnati di caldo, di sudore, di sale e di mare.
Il lago è per l’autunno quando anche i monti si fanno tenebrosi e corriamo a casa a fare merenda prima che il vento ci porti notizie, 
il temporale la via di darsi alla perdita, 
del cielo dall’anima dello sguardo, miro alle vette
qui e altrove
sono state benedette da maghe perfette
inducimi allo scopo
ritiro il mio loco
vedo nero
e d’argento
sono dentro al momento
di farmi un grappino e sentire il divino.

Stanca or me ne vado
il brodo mi aspetta e la mia pancia è coperta
come un lenzuolo copre il cadavere bollito dal sole.

Non temere gli ostacoli, trovati una molla
e salta felice sopra alla folla.

Cadranno le rose anche d’inverno 
cadranno i capelli dentro all’inferno.

Orfeo svegliati è primavera.

Speri che c’era la ragazza con i capelli lunghi biondi lisci,
ora fa la cameriera per sua nonna malata, 
rugiada al mattino 
e pane la sera
non c’è più chi spera trovi un marito
tanto per quello c’è anche il suo dito.

Ha finito di suonare la sua lunga canzone
ci ho goduto da matti
merita una promozione
gli starò più vicina e sarò più buonina
basta che non gli faccia la cattiva frittatina.

La pancia brontola ciò fame davvero vado a mangiare e il mondo è più vero.

ha ricominciato a suonare e allora ancora scrivo

ancorata sulla sedia comoda della Fiat.




Questa è stata la lunga mail nella quale non ho resistito lasciare il seguente delirio poetico ispirato dalla musica di Claudio.


All'inizio volevamo far muovere, oltre i nostri anche tutti i neon già presenti nella sala con la nostra musica, sarebbe stato diverso e forse più suggestivo ancora e i quadri si sarebbero visti , era un lavoro più lungo e costoso, poi pensando al cimitero abbiamo deciso di stare nell'oscurità e dare risalto solo alla brillantezza dei colori dei gas Nobili.

foto Costantino D'Orazio



Con Max Rolandino abbiamo sperimentato di farli funzionare i neon a fluorescenza come quelli del museo.






Sono state funzionalissime le restauratrici, avevano già portato dai magazzini i quadri nelle sale e anche divisi per colori, fantastiche, c'erano quadri ovunque sparpagliati nel piano del museo.































 è voluto venire con noi questo mostro









 Costantino ci ha prestato il suo piccolo mac, da dove arrivava la musica, dopo averlo fatto giocare con varie nostre immagini abbiamo scelto quella dell'invito con i bicchieri contenenti il bolle rosa, vino dolciastro bevuto durante le prove musicali nel bunker, illuminato dal neon azzurro si ottenevano bellissimi colori.



























Le viti comprate non bastavano mai.

















































































































Alcune puntualizzazioni sullo scritto spedito con l'invito, 

l'immagine di Rolando al cimitero anni 70 si accorda bene con lo stile dei quadri nei magazzini, 
alla fine ne sono stati attaccati 279.


Il cimitero dove ci siamo persi di gioia










Purtroppo il neonista ribadisce che è una illusione, non si può fare il vetro che galleggia nell'aria con dentro il gas nobile Elio.

Il filo spinato, oltre che essermelo dimenticato, abbiamo deciso di non usarlo perché avrebbe appesantito l'installazione, che pur nella sua grande complessità, sia per la densità di pittura e sia per l' impatto dell' impianto elettrico di una certa dimensione e invasione, pensandolo come dei rami, un'edera che si sposta tra i quadri raggiungendo armoniosamente con curve i neon attaccati alle barre di ferro distanziate dal muro esponendoli al vuoto, risultava leggera, naturale, come una situazione cresciuta nel tempo e maturata senza sforzo.

Quando ancora era caldo i ventilatori erano spenti, ma poi tornando a smontare e a riprendere per bene l'opera, con il freddo erano accesi anche se avevamo detto di non accenderli neanche d'inverno, ottenendo un senso tattile delle due mostre: d'estate noi caldi e Simone Berti fresco, d'inverno lui caldo e noi freddi come bene doveva concludersi la nostra mostra cimiteriale.
Abbiamo implorato che li spegnessero almeno per le riprese senza ottenerlo, anzi il giorno dopo erano già li che smontavano i quadri così che non ho potuto fare altre foto dell'arrampicare naturale dell'impianto elettrico tra di essi con la luce dei neon della galleria accesi normalmente, e alla fine nelle riprese si sentono i termoventilatori, è brutto che  in un museo non si dia fino in fondo peso alle scelte degli artisti.
Si, potremmo rimontare il suono, ma in ogni luogo cambia, soprattutto questi tipi di suoni bassi e particolari, la sala era perfetta per il suo fruire, come anche le casse e il subwoofer.
Se ascoltate bene si sentono i termoventilatori.


Era successa anche una cosa tragica comica, mia zia Cesarina moglie di Rolando con sua figlia mia cugina Laura e gli zii Tonino, fratello di Rolando e Renata, sono andati insieme a vedere la mostra e la musica non funzionava, mi avevano telefonato qualche giorno prima avvertendomi che gli elettricisti non sapevano come fare, gli ho detto di pigiare meglio le prese che sicuramente durante le pulizie si erano allentate, poi non li ho più sentiti e sia io che Costantino che era in Giappone pensavamo avessero risolto, e invece no.
 foto cugina Laura

Mi hanno chiamata i miei parenti e mi hanno passato il custode, il quale dopo la terza volta che l'ho supplicato di pigiare le prese lo ha fatto ottenendo il risultato di ripristino della musica.
è stato un bene perché così nel frattempo che non funzionava ha fatto vedere ai miei parenti anche l'opera stabile di neon di 15 metri di altezza dietro agli ascensori, prodotta nel 2009 grazie a Luca Massimo Barbero, io me ne ero scordata di dirglielo, così contenti hanno visto più cose della nipote.


foto cugina Laura

CADAVERI SQUISITI 2009


La cosa che più mi ha sorpresa di questa mostra è stata la nostra musica, non mi stancava mai e più l'ascoltavo e più mi ero grata!
Non amo riguardare rileggere riascoltare le nostre cose, e provo quasi un imbarazzo, vergogna per la musica, e invece li costretta a starci per fotografare e riprendere mi sono rilassata e godevo all'arrivo di ogni diversa "canzone".

I neon tridimensionali davanti ai quadri come sospesi nel vuoto non hanno avuto danni da parte delgli addetti ai lavori o del pubblico,  avevo terrorizzato tutti mentre installavo, solo io li ho rotti.



Il primo finito di montare la mostra, mentre ho avvitato l'ultimo pesante trasformatore al muro mi sono alzata e sopra alla testa avevo una mollettina con uno svaroski piccolino a punta che ha centrato il tubo rompendolo, così che il fulmine azzurro invece di avere tre parti ne sono rimaste due, mancava quella centrale.

Ma ci poteva stare, a volte i fulmini sono prima un pezzetto e poi un'altro.
Mentre lavoravamo prendevamo di rado a loro incontro, ma essendo su supporti molleggiati non succedeva nulla, è stata proprio quella puntina in segno a fare il danno.


Il secondo è successo quando li ho stivati a casa, nel bunker, in alto sopra a dei tavoli uno sopra l'altro, sembrava tutto a posto, dopo un quarto d'ora eravamo in un'altra stanza rilassati al computer  quando abbiamo sentito il triste anche se bel rumore-suono, il neon più bello è caduto.
Ora sono dal Neonista, lui li sa saldare.
Non ho ancora trovato il coraggio, la spinta per andare a decidere insieme a lui con le foto come "svoltarli", vorrei allungarli intanto che ci siamo...un poco, le dime di alluminio non ci sono più.

I fulmini sembravano poco fulmini all'inizio e dato che li chiamavo così anche gli altri si sono abituati, ma con il passare del tempo assomigliavano sempre di più a fulmini, forse perché le persone li hanno pensati fulmini.
Tanto che in internet ho trovato un video con dei fulmini orizzontali, come i nostri!



Per decidere come comporre i quadri, ce li siamo fatti tutti mandare in foto e misure precise, ho fatto una piantina e a casa composti in digitale con illustrator, li ho divisi per colore, all'incirca entrati a sinistra dove era previsto il fulmine rosso di neon i rossi, poi a seguire  nella parete in fondo i gialli con un fulmine violetto, nella parete a destra i verdi con il fulmine blù contenente Argon e in quelle di fianco all'entrata i blu con l'altro neon violetto; da una parete all'altra i colori si sfumavano e intrecciavano.

In basso i quadri più pesanti, vicini alla materia,  salendo i più spirituali, come Malevic comanda.

è stato un lungo lavoro, fatto durante l'estate.


Ma alla mostra dopo aver iniziato correttamente come le pagine stampate del lavoro digitale, vedendo i quadri dal vero dopo un po siamo andati a suggestione, rispettando sempre i colori, ma cambiati per pareti, la rossa è risultata più lunga perché non avevo tenuto conto della parte della sala dietro la parete di mezzo, dal rosso siamo andati comunque nel giallo nella parete in fondo, da qui sfumato verso il verde nella parete di destra e poi dal verde in blu fino a dietro la parete di mezzo entrando nel rosso chiudendo il cerchio.
La parete centrale davanti c'erano quadri vicini al bianco e nero, ai toni, dall'altra parte il verde che sfumava in blù, con presenze di accoglienza.
Il neon rosso è rimasto a sinistra, a destra il blu e il violetto è diventato un unico lungo fulmine a destra della parete in fondo gialla.
Li abbiamo attaccati in due giorni, sabato e domenica, quando il lunedì sono arrivate le restauratrici si sono spaventate perché dovevano finire di visualizzarli per bene e accettare la loro permanenza in sala, alcuni li volevano staccare, ho detto loro che dopo averli composti in digitale non avrei potuto rinunciare a nessuno perché oramai li amavo tutti, convincenedole a trovare escamotage per i più degradati con muffe e altro come sostegni insostenibili dal punto di vista di una estetica museale, tranne che per uno alla qui dipartita sono state irremovibili.




Il nostro caro Doblò che li ha portati e riportati a casa, si è trasformato in una cassa nel suo retro, i neon erano immersi in palle di carta azzurra, tratte da una risma altissima di fogli 70x100, durante l'esposizione sono rimaste nei sacchi ad aspettarci per la stiva del rientro.







( fare delle casse e pagare il trasporto sarebbe stato troppo costoso, non c'erano molti soldi per questa mostra, ma è andato tutto bene così).

Le due mostre giocavano con la luce senza che sapessimo del progetto di uno dell'altro, il modo di esporre con luci diverse di Simone ci è molto piaciuto e anche il falso tubo illuminante infinito.













All'inaugurazione Simone si è lamentato perché c'erano poche persone per essere una mostra in un museo, gli ho detto che la cosa più importante è che sia venuta secondo i nostri  progetti.

 Molte persone curiose dei lavori romani da tanto tempo occupati li fruivano con la luce del cellulare.

















Speriamo di vendere presto questi fulmini e accoglierli sul soffitto di una grande casa così che il nostro bunker sia più libero, la centralina che li muoveva con la nostra musica può farli illuminare  con il campanello della porta, o quando si parla a voce troppo alta...o come nella logica della mostra, abbassarsi e spegnersi quando c'è rumore o suoni e stare accesi nel silenzio.

Al Macro siamo stati ospita in un bellissimo appartamentino, che forse però i materiali usati non sono un gran che dato che trasudava umidità dal pavimento!

































Ma quanto è enorme spaziale infinita Roma, la sua continua bellezza predomina ogni epoca ti accoglie in immensi  giardini e tanti fiori e buon cibo e frutta e grandiosità,  una grande grande Madre, ci siamo persi, tanto era sconfinato, in un parco, è arrivato il buio ed ho avuto paura,  sembrava essere in una montagna impervia con alberi ceduti dalle tempeste, l'I Phone morto e la piccola luna non rischiarava nel fitto bosco, ma qualcosa ci ha preso per mano e dopo aver vagato come nei film di paura dove girando ti ritrovi sempre  allo stesso punto maligno ci ha condotto al sereno prato fuori dove i cani venivano portati a fare l'ultima passeggiata della sera, allora ecco che rinati abbiamo affrontato l'altra parte di villa Ada, fino al lago e qui le strade non erano impervie e la luna si nascondeva solo a volte dietro gli altissimi quasi ordinati alberi, bucolico paesaggio che crea dipendenza.
Questa avventura è avvenuta nei giorni che siamo andati a smontare la mostra , finiva il 26 novembre.
Nel contempo abbiamo visitato villa dei Quintili, chilometrico parco archeologico nel quale faremo una mostra a maggio curata da Fulvio Kimento: Ailanto 3,  con Dado, Rusty e Stefano Arienti, ma questa sarà un'altra storia.



































































































In questa mostra ho incontrato sempre delle stelle.
La giostra del parco nord di Bologna spenta all'andata era accesa al ritorno.