venerdì 30 dicembre 2016

Suf Mago Fata per Do ut Do




é partito  Suf Mago Fata, lo abbiamo donato a Do ut Do.

Quando Carlotta Pesce ci ha chiesto di partecipare a questo progetto abbiamo mandato un po' di foto di lavori, ma nel cuore sapevamo che era lui il più adatto, perché sembra portarti con delicatezza in un'altra dimensione.

Per chi non fosse a conoscenza, questa biennale manifestazione vuole aiutare l'ospedale Seragnoli che ospita le persone al termine della loro vita.

5000 euro le persone offrono, poi il caso destina i lavori.

La brava Alessandra D'Innocenzo è riuscita a vendere tutti i 45 biglietti per le 45 opere donate di quest'anno.


Storia di Suf Mago Fata.






é nato per la mostra curata da Mimmo di Marzio Metamorphosis, a Serra S. Quirico, (AN)
inaugurata il 17 maggio 2008.


Fa parte della serie "Mobili", ma in questo caso è come un infisso bianco, con riflessi verdi.
Quando lo abbiamo installato nell'antica stanza sembrava in una stalla, un cucciolo, ti aspettavi che arrivasse da un momento o l'altro la grande madre.
Nella notte dell' inaugurazione andando in montagna a cenare al ritorno siamo stati bloccati da una mandria di enormi mucche che si sono sedute sul cammino davanti a noi, sembrava quasi un saluto dello spirito collegato a Suf Mago Fata, erano a lei... o a lui, molto simili, forse Suf Mago Fata essendo collegato agli Spiriti di Natura è come loro androgeno.

è rimasto con noi molto tempo e lo amavamo,



soprattutto quando suo fratello primogenito Suf!  anch'esso di legno del 2002 è venuto a mancare perché venduto a Luana Salvador.


Nel 2013 ha partecipato alla collettiva curata da Claudia Santeroni: Relazioni Reciproche, Sala Porta S. Agostino, Bergamo, inaugurata il 31 ottobre.

 Foto Paolo Simonetti
  Foto Paolo Simonetti
 Foto Paolo Simonetti


è rimasto molto nel salottino di casa di Claudia una volta finita la mostra,

Foto Claudia Santeroni

lei e sua mamma se ne erano innamorate, infatti Claudia ama molto gli animaletti e Suf Mago Fata lo sembra, e anche gli piace spostarsi negli ambienti, viene spontaneo cambiargli posizione, Claudia lo ha soprannominato il Cavallino.

Poi è tornato qui nel bunker, sopra al pianoforte,


dopo aver deciso di donarlo si è divertito perché lo abbiamo restaurato e riverniciato al Làbas con calma e amore.












Dopo averlo fotografato qui davanti ad una moquette marrone appesa,



lo abbiamo portato in giro e posato in campagna tra gli alberi, davanti al lago delle oche, nella pianura davanti all'erba.

































Ho sofferto la separazione, ma abbiamo goduto dei bei momenti  insieme proprio grazie a questa donazione.

Del resto era l'opera più appropriata e sono contentissima che altri umani se ne prendano ora cura.

Non mi dispiacerebbe realizzare la madre, quella che ci sembrava potesse comparire nella sua prima mostra, magari davanti al Mast proprio, grandissima, per ammorbidire le forme "soggezzionevoli" del  severo museo.

Do ut Do  ha presentato il progetto al Guggenheim di Venezia, poi in altri musei importanti.








A Bologna sono stati presentati i lavori in un magazzino privato.






 L'opera di Flavio Favelli era bellissima: L'ombra delle tende "dipinta" dal sole









Poi in Pinacoteca a Bologna, dove purtroppo non siamo stati perché a Palermo... ritornati rimandavamo sempre e la mostra è finita, gentile Nicola Bedogni che ci ha mandato una foto:

Infine la serata con aperitivo e un'ottima cena, nella quale sono stati sorteggiati i 45 lavori.












Addio Suf Mago Fata.










Per chi è interessato è stato edito un catalogo molto bello, acquistandolo i profitti vanno anch'essi all' Hospice, questa organizzazione funziona perché ogni cosa dalle cene ai trasporti è dono.

Sul catalogo così siamo rappresentati:


Suf Mago Fata

L’opera fa parte degli studi sulle lettere SUF, scelte per ritornare a disegnare sui muri nel 2001,
non più con il simbolo dell’oca Pea Brain degli anni 80\90, ma con un nome da writer per impararne la disciplina, SUF per volere diventare almeno SUFficiente nell’impegnativo compito.
Lavorando con la composizione e la scultura di opere chiamate “Mobili”, è stato istantaneo il passo di portare lo studio delle lettere a  sculture, la prima è SUF mobile N.13, del 2002, disegnata e riprodotta di legno da un plotter.
Lo stile particolare di SUF, tra le linee severe FIAT e il mondo arzigogolato della natura,  ha portato leggere il nome anche come Sono Un Folletto, e da qui arrivano le forme di Suf Mago Fata, connesse al mondo magico degli spiriti di natura.
Suf Mago Fata è soprannominata “Il Cavallino”.
  • frase che rappresenta il “DO”
L’opera bianca che naviga ipoteticamente tra un piano e l’altro dei mondi ci è sembrata ideale per connettere ai piani diversi dell’ esistenza che si compenetrano e  fanno capire e ci auguriamo questa scultura faccia sentire  l’infinità della vita.
Cuoghi Corsello

Biografia discorsiva.
Attivi dalla fine degli anni ’80, Cuoghi Corsello possono essere considerati a ragione uno degli esempi più longevi e creativi di collaborazione tra artisti, precorritore per molti aspetti di un’intera generazione di creativi, di cui hanno anticipato l’estetica e la dimensione esistentiva. 
Nati a Bologna all’ombra della galleria Neon, incubatrice di gran parte dell’arte contemporanea italiana di quegli anni (da Maurizio Cattelan, ad Eva Marisaldi), Cuoghi Corsello hanno attraversato il millennio grazie ad una ricerca personalissima e appartata, di estrema radicalità e coerenza, che li ha fatti diventare un vero e proprio punto di riferimento per un’intera generazione di artisti italiani, interessati come loro ad una creatività orizzontale e antagonista, spesso declinata al di fuori dell’ufficialità., del mercato e delle istituzioni.
Dagli albori del graffitismo, attraverso la prima street-art e la sperimentazione di forme inedite di occupazione artistica degli spazi urbani, fino agli anni più recenti, densi di ibridazioni di tecniche e materiali, Cuoghi Corsello hanno anticipato molto, e molto hanno mantenuto, in una straordinaria avventura di vita ed arte. Una storia assolutamente locale, ma radicalmente internazionale, difficile da sottomettere a categorie, o da addomesticare in correnti e movimenti.
Il loro continuo oscillare tra alto e basso in una infaticabile rielaborazione dei temi e delle tecniche ha reso impossibile la loro reificazione negli ambiti angusti dell’arte contemporanea, spesso così conservatrice anche nei suoi momenti più aperti e sperimentali.
Cuoghi e Corsello sono rimasti misteriosi ai più, spesso confinati in uno dei loro tanti volti (writers, proto-squatters e così via), ma mai colti nella loro complessità di cantori solitari di un’epica della strada, tra le più seducenti e sofisticate degli ultimi decenni, e non solo in Italia.

(testo estratto dal comunicato stampa di "26" personale nella galleria Guido Costa Projects nel 2012 scritto da Guido Costa)