Ma ecco cosa succederà a Milano
PRESENTAZIONE
A MILANO il 26 febbraio 2014 del libro
“ARTE
ITALIANA DEL TERZO MILLENNIO”: ALLA SCOPERTA DELLA SCENA ARTISTICA
IN ITALIA DEI PRIMI ANNI 2000
Nel
volume, in libreria da gennaio 2014, alcuni dei maggiori protagonisti
del panorama artistico italiano conversano con Fulvio
Chimento sulle
tendenze e le principali oscillazioni del gusto dell’arte
contemporanea.
Il
critico Stefano
Castelli
e l’artista Emilio
Isgrò,
con l'autore
Fulvio Chimento,
presenteranno il volume a Milano
il 26
febbraio 2014
alle ore
18,
presso lo Studio
Battisti
in via
della Braida 1.
In
occasione della presentazione (ingresso dalle 17,30), saranno esposte
le opere di alcuni degli artisti coinvolti nella pubblicazione:
Andrea
Chiesi,
Cuoghi
Corsello,
Orodè
Deoro,
Simone
Fazio,
Davide
La Rocca,
Chiara
Pergola.
Arte
italiana del terzo millennio
(Mimesis, Milano, 2014) si compone di 37 interviste –
realizzate dal
curatore e critico Fulvio
Chimento
(Roma, 1979)
tra il 2011 e il 2013 – in cui artisti, curatori, critici, docenti
universitari, galleristi, direttori di museo e di riviste d’arte
contribuiscono con il proprio punto di vista a creare una chiave di
lettura sull’arte contemporanea.
Il
volume fornisce uno spaccato sul presente e il futuro della nostra
nazione, uno
“spazio culturale aperto”, che accoglie personalità, stili e
spunti differenti, talvolta contrastanti,
sul modo di “vivere” e “pensare” i
primi anni del nuovo secolo. Analizzare con lucidità il presente,
infatti, rappresenta da sempre la sfida più complessa per chi tenta
di riconoscere e interpretare i processi culturali, di cui l’arte
contemporanea è sicuramente uno degli indici guida: una nuova
fioritura in campo artistico passa attraverso un miglioramento
complessivo della società in essere e un confronto serrato, e su più
livelli, all’interno (e all’esterno) del mondo culturale
italiano.
Tra
i contributi si segnalano quelli di Gillo
Dorfles, Renato Barilli, Enzo Cannaviello, Emilio Isgrò, Andrea
Chiesi,
Franco
Guerzoni,
Eva
Marisaldi,
Cuoghi
Corsello,
Walter
Niedermayr,
Nico
Vascellari,
Wainer
Vaccari, Davide La Rocca,
Umberto
Chiodi,
Chiara
Pergola;
i direttori del Mart (Rovereto), del Castello di Rivoli (Torino),
della Galleria civica (Modena); alcuni docenti delle più prestigiose
università italiane; i responsabili di importanti gallerie d’arte
di Roma e Napoli; i direttori di riviste d’arte di settore.
Arte
italiana del terzo millennio. I protagonisti raccontano la scena
artistica in Italia dei primi anni 2000 di
Fulvio Chimento.
Mimesis
Edizioni, Milano, 2013.
245
pagine, di cui 19 illustrate a colori.
Formato
cm 14x21; prezzo 20 Euro.
In
copertina: Davide La Rocca, Irene
RGBp3 (particolare); olio
su tela; cm. 70x50
Editor:
Antonella Malaguti
Il
volume contiene anche un’introduzione critica dell’autore (Il
presente è già futuro)
e un contributo del giornalista Sebastiano Colombini (Intervista:
l’utile imperfezione),
mentre la prefazione è firmata dal professor Guido Bartorelli (Mi
interessa la verità),
che si occupa di avanguardie del primo Novecento all’Università di
Padova.
Per
info tel: 340.4700468
“Arte italiana del
terzo millennio
pone questioni essenziali a chi ha competenza, sapere, estro, ma non
necessariamente padroneggia il linguaggio della comunicazione. I
lettori vengono informati su tendenze, programmi, prospettive e
soprattutto sono aggiornati sul loro futuro di fruitori dell’arte.
Si pongono domande agli autori di un’opera e si scopre quali sono
le intenzioni, le ispirazioni, le motivazioni che ne sono
all’origine. Si pongono domande a chi ha vissuto un’esperienza
non comune e, attraverso le risposte, una parte di quell’esperienza
può diventare collettiva”.
Sebastiano Colombini
“Il
volume […] offre al lettore non tanto una teoria, quanto un tuffo
nel bel mezzo del lavoro di tante persone, un lavoro che è certo
anche di natura squisitamente teorica. Di teoria, quindi, oltre che
di pratica, ce n’è molta, o meglio molte, le quali, emergendo di
volta in volta dalle singole conversazioni, possono permettersi il
reciproco disaccordo, la contraddizione, la frammentarietà. Si
capisce bene come, così facendo, Chimento utilizzi l’intervista
per quella che è forse la sua modalità più proficua e originaria,
ossia la modalità schiettamente documentaria, o più ancora
“giornalistica” nel senso più nobile: interrogare i protagonisti
dell’attualità sul loro operato, incalzandoli con domande capaci
di farne emergere le ragioni profonde, fino a condurli al fatidico
“cos’è l’arte?”, e poi “a cosa serve?”, “quale la sua
funzione?” e così via”.
Guido Bartorelli
Biografie:
Fulvio
Chimento
nasce a Roma nel 1979, si laurea in Lettere presso l’Università di
Pisa. Affianca all’attività di curatela artistica varie
collaborazioni editoriali. Nel 2010 cura la VII edizione di
Gemine:Muse per il Comune di Modena e il Premio Starting Point (Museo
Carlo Zauli, Faenza) per l’Accademia di Belle Arti di Ravenna. Nel
2012 è ideatore di “Spazio Arte”, progetto mirato a creare un
archivio filmico degli artisti contemporanei. Dal 2013 collabora con
la Fondazione Fotografia Cassa di Risparmio di Modena.
Emilio
Isgrò nasce
a Barcellona Pozzo di Gotto (Me) nel 1937, vive e lavora a Milano.
Fin dagli esordi accompagna la produzione artistica all’attività
di scrittore e poeta. Nel 1964 realizza le prime Cancellature,
con le quali contribuisce alla nascita e allo sviluppo della poesia
visiva e dell’arte concettuale. Nel 1972 è invitato alla XXXVI
Biennale d’Arte di Venezia, a cui partecipa anche nel 1978, nel
1986 e nel 1993. Nel 1992 prende parte alla collettiva The
artist and the book in twentieth-centuryItaly, organizzata
dal MoMA di New York, e nel 1994 è tra i protagonisti della mostra I
libri d’artista italiani del Novecento, alla
Peggy Guggenheim di Venezia. Nel 2002 espone alla Galleria Civica di
Arte Contemporanea di Trento e l’anno seguente al Mart di Rovereto;
nel 2008 il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato
ospita la retrospettiva Dichiaro
di essere Emilio Isgrò.
Nel 2011 inaugura all’Università Bocconi di Milano l’opera
Cancellazione
del debito pubblico e
nel 2013 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di
Roma va in scena la sua personale Modello
Italia (2013-1964).
Stefano
Castelli nasce
a Milano nel 1979, si laurea in Scienze Politiche all'Università
degli studi di Milano con una tesi di filosofia politica su Andy
Warhol come critico sociale. Vincitore nel 2007 del concorso per
giovani critici indetto dal Castello di Rivoli con il saggio
"Scatologicità e Pop Art in Bruce Nauman". Si occupa
d'arte dal 2003, è critico, curatore indipendente (una trentina di
mostre in gallerie e spazi pubblici) e giornalista. Scrive di arti
visive, teatro e letteratura per le riviste Arte Mondadori, Artribune
e Bookdetector.
Ci saranno anche delle opere esposte di alcuni degli artisti che si raccontano nel libro attraverso le interviste di Fulvio.
A lui piaceva un piccolissimo quadretto in casa nostra, con dentro il segnalibro del quarto compleanno della Biblioteca Sala Borsa di Bologna, rappresentante "Verso", e così gli è lo abbiamo portato per esporlo.
VERSO 1995
ci siamo anche noi nel libro con la foto del 1992 "l'Esercito dei Tappi"
e un'inetrvista:
Come dire vita, parola di CC
Monica Cuoghi, nata a Sermide (Mn) nel 1965, e Claudio Corsello, nato a Bologna nel 1964, vivono e lavorano nel capoluogo emiliano. Si conoscono frequentando l'Accademia di Belle Arti di Bologna, nel 1986. Dopo alcuni anni di condivisione e sperimentazione dell'arte facendo interagire varie discipline - musica, video, performance, disegno, scultura, installazione - decidono di presentarsi con un unico nome. Lavorando alle sculture che chiamano "selettori" imparano l'elettromeccanica, l'idraulica, l'elettronica, conoscenze fondamentali per allestire dal 1994 le grandi fabbriche che occupano vivendo la quotidianità come una performance continua.
Espongono e partecipano a eventi personali e collettivi in numerose gallerie d'arte, musei e luoghi anomali. Tra le loro opere pubbliche esposte è possibile visionare: Cadaveri squisiti, installazione di disegni al neon al museo MACRO di Roma; Suf S:Sofia, panchina di legno per il parco fluviale del Comune di Santa Sofia (FC); L'albero Blù, dipinto a spray sul muro dell'ex teatro Contavalli a Bologna; Le tag più grandi del mondo, dipinto nel piazzale della Fondazione Teseco a Pisa. Tra i personaggi creati da Cuoghi Corsello che donano vitalità ai muri delle città italiane ricordiamo Pea Brein, CaneK8 e Petronilla, mentre altri soggetti, che portano in nomi di Kit, Cocaina, Bello, Suf e Nonno Degrado, nascono appositamente per la fotografia, la scultura, la grafica e i social network.
Il 26 aprile Cuoghi Corsello hanno celebrato i loro primi 26 anni di lavoro con una mostra dal titolo 26, presso la Galleria Guido Costa Projects di Torino.
Il writing o la graffiti art nella loro accezione “illegale” (intervento non autorizzato) sono un modo unico per coniugare alcuni aspetti performativi (l’azione, il movimento del corpo nello spazio urbano, il rischio, il gioco) e altri prettamente artistici (il segno lasciato con lo spray sul muro, il simbolo, la riconoscibilità)?
Claudio Corsello: Parlare del writing in questi termini può essere fuorviante, si corre il rischio di usare schemi legati all'arte su una disciplina che ha creato una differenza. Messo in chiaro questo, possiamo anche vederla così e aggiungere altri elementi.
Quali sono allora le parole più corrette per descrivere writing e graffiti art?
C. C.: Sicuramente la più divertente è “DEGRADO”.
C. C.: Come sostiene Dado il writing è una disciplina artistica che ha una natura molto complessa. Essa si muove attraverso la fenomenologia degli stili. Lo stile, nella disciplina del writing, lo si raggiunge quando dei valori semantici, riconoscibili oggettivamente, vengono attribuiti alla scrittura del di-segno del proprio nome.
Per come lo pratico io, il writing è una disciplina dove è possibile maturare un processo creativo individuale e dove l’espressione di sé avviene attraverso un linguaggio di forme, stili, mode, tendenze, ricerche e analisi fornite dal contesto che è la strada.
Monica Cuoghi: Writing è lo studio delle lettere, poi ci sono i disegni sui muri, quelli grandi che abbiamo cominciato a dipingere nel 1992 in bianco e nero li chiamavamo paesaggi perché coprivano palazzi dall'alto al basso. L'arte concettuale o interattiva nella strada vorrei che avesse un nome diverso da quelli che fino a ora sono stati usati... ma è sempre stata fatta arte nella strada, non è una cosa solo di questi tempi.
I lavori di Keith Hearing vengono spesso confusi con il graffitismo, l’artista americano rappresenta quella parte del “movimento” che è scesa a patti con un gusto dominante, o cos’altro?
M. C.: La distinzione è che il writing è la disciplina che studia l'evolversi delle lettere basandosi sul proprio nome (tag) e quella di chi inventa dei disegni con il proprio stile sui muri; il termine “graffitismo” invece è usato da tanto tempo, dai primi graffiti, appunto, nella Preistoria. Non penso che sia sceso a patti K.H., ma certo non ha nulla a che fare con la disciplina che sta cambiando il mondo: il writing.
C. C.: Assolverei Hearing da questo, ma la questione della “confusione” è cruciale, e si è protratta fino a ora (con la street art). Appare come un’impossibilità nel mondo dell'arte di capire la novità e l'essenza del writing.
Se penso a luoghi simbolo dell’arte urbana in Italia mi vengono in mente il Villaggio Globale e il Forte Prenestino (Roma). A voi? E la città italiana che si è dimostrata più fertile nell’aprirsi verso queste nuove forme artistiche?
M. C.: Anche Bologna, grazie agli esordi all’”Isola del Cantiere”, mitico posto occupato all’interno dei locali appartenenti all’Arena del Sole, in una traversa di via Indipendenza. “Più fertile” non so… ognuna ha dato qualcosa. I writers di differenti città si ritrovavano e si conoscevano per “fare” i treni nel Veneto o dipingere i vagoni della metropolitana a Roma e Milano, ma a Bologna è accaduto qualcosa di particolare (non so se è successo dalle altri parti): alcuni writers di seconda generazione hanno saputo fondere la coscienza vandalica a una artistica un po’ anomala, forse la nostra.
A Bologna avete vissuto in fabbriche occupate trasformate in veri e propri spazi per la creatività: dal 1994 al 1996 nei Magazzini Generali Raccordati, dal 1996 al 2001 all’interno dell’ex fabbrica di materassi Silma, dal 2001 al 2005 nell’ex fabbrica Fiat. Cosa resta di quei luoghi e di quelle esperienze?
M. C.: Ogni volta che cambiavamo stile trovavamo il posto più adatto a evolverlo, questi luoghi rappresentano l'esperienza.
Attualmente dove vivete? Avete in programma altri trasferimenti nell’immediato?
M. C.: Viviamo in un’ex tipografia e dopo l'ultimo trasloco, recuperando le cose da un magazzino dopo sette anni, abbiamo fatto una così grande fatica fisica e morale che non riusciamo più a sistemare a dovere il posto, una casa bunker-magazzino.
Osservando in modo analitico le scritte e i segni che campeggiano sui muri di una città cosa si riesce a comprendere del tessuto sociale e artistico che la riguarda?
M. C.: Se ci sono tag ci sembrano città evolute, altrimenti ci spaventano un po'. Ora a Bologna c'è uno stile bestiale, strano, tra l’egocentrico, l’umile e la “verità”.
Quale musica è la più adatta per fare da sottofondo alla vostra esperienza artistica, che nasce oltre 25 anni fa? C’è stata un’influenza diretta della musica sul vostro lavoro?
C. C.: Si, l'influenza è profonda, abbiamo utilizzato musiche prodotte da noi in svariate situazioni espositive, e suonato in gruppi, mescolando un po' le carte tra teatro, concerto e installazione.
La vostra produzione è molto vasta e non unicamente legata all’arte urbana; vi relazionate con la scultura, le installazioni, la fotografia, il video, il collage, il fumetto, la performance. Quale filo rosso lega un percorso che trascende le tecniche utilizzate?
M. C.: La poesia... la vita... la sincronicità, l'etica.
Oggi, insieme a Cattelan, uno degli artisti italiani più conosciuti al mondo è Blu (grazie anche ai suoi video di animazione che hanno avuto centinaia di migliaia di visualizzazioni su YouTube). Si tratta di un riconoscimento per tutta la controcultura italiana?
M. C.: Ci sono molte personalità originali importanti nel nostro paese che rappresentano molte cose diverse, peccato che in Italia sia come seminare in una terra arida, anzi, più che arida, paurosa ed esterofila.
Cosa pensate di Bansky: artista di livello oppure genio del marketing?
M. C.: Figo!
C. C.: Devo confessare che nei suoi confronti sono stato prevenuto, forse a causa dei suoi epigoni o delle tematiche sociali. Ho apprezzato l'amara riflessione del suo film Exit through the gift shop
Scrive Roberto Daolio in relazione alla vostra poetica: “Nudi disegni di fragili e stupidi animaletti si rincorrono o fanno capolino sui muri: tracce eloquenti di un loro passaggio anonimo e al contempo logo perfetto di chi contamina fluidamente l’arte e la vita”. Quanto la scorrevolezza (fluidità) della vita può essere connessa al campo dell’arte?
M. C.: Nel 1993, imparando dall'amico "inventore" abbiamo costruito il primo "selettore", macchina elettromeccanica, perché ci interessava esporre, proporre, il meccanismo delle cose come opera, anziché il loro lato accattivante. Questa conoscenza ci è servita per sopravvivere nelle fabbriche occupate, la vita è diventata un'opera d'arte: vivere come installare una mostra tutti i giorni. Questo ci ha permesso di apprezzare il cambiamento continuo della vita, insolito e privo degli agi convenzionali.
Qualche notizia sull’amico inventore? Cos’è nello specifico un “selettore”?
M.C.: L’inventore è un mio amico delle elementari, recitava negli spettacoli che facevo nella chiesa del paese; da sempre appassionato a capire come sono costruite le cose, ha imparato tanto e in seguito mi ha aiutata. I selettori sono delle sculture, volevo realizzare delle insegne luminose con molte lampadine che cambiavano disegno ogni due secondi, ma nel costruirle insieme all’inventore sono rimasti affascinati dall’elettromeccanica. Divenne così più importante evidenziare quegli elementi che di solito sono “nascosti negli oggetti”, facendo si che diventassero loro stessi l’opera estetica, come per esempio il girarrosto di un forno, protagonista del Selettore N. 2, il “selettore girarrosto”, appunto. In questo caso, il girarrosto di un forno è installato sopra a un baule antico chiuso; il suo movimento circolare incontrando una molla attiva un relè che scattando alterna una radio a medie frequenze e un trapano, entrambi situati all’interno del baule.
In che misura siete legati alla parola, quella scritta su un cancello di una fabbrica, o su un muro, o su un pezzo di carta, o sull’esterno del vagone di un treno che accomuna diverse persone in differenti città?
M. C.: Ogni parola è importante (le amo), FIAT è diventato come dire casa, come dire vita, parola di Suf!
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