domenica 8 dicembre 2019

MCCC



MCCC

Cuoghi Corsello, galleria t293



Nel lontano 2001 Marco Altavilla stava studiando il nostro lavoro per laurearsi con Renato Barilli al Dams-Arte,
è nato il mio stesso giorno Marco: 26 aprile.
Ha voluto vedere il più possibile del  materiale già allora molto vasto, disegni, collage, fotografie, video, testi, ecc... con meticolosa attenzione e pazienza.
Poi da uomo d'onore non ha voluto creare conflitti di interesse tra la critica  e il lavoro da gallerista, cominciato, credo,  per essersi innamorato di Paola Guadagnino.

Dopo tanti anni ci siamo rincontrati alla fiera di Verona nel 2018, e all'inizio del 2019
ci ha proposto di lavorare con loro per una personale, ci siamo detti di annusarci per un anno.

Marco desiderava mescolare lavori antichi, storici e contemporanei.
Abbiamo mandato le  foto di una rosa di lavori,  da questa una loro dei preferiti, per finire con un racconto in collaborazione.

Ho scritto un testo per la mostra come voleva Marco, facendo subito una pessima figura, mandai per sbaglio "tutto il girato" come sono solita chiamare gli scritti buttati giù così a caso e con le porte spalancate di sentimenti, sfoghi, sproporzioni,  alterazioni.... che vergogna! Poi ho mandato il sunto corretto che qui in fondo riporto.

Il grande  spazio industriale giocava bene con le opere, all'inizio non sopportavamo però i neri sostegni di ferro.

Il lavoro del 2001 : "la sala Conferenza", qui sotto nelle sue varie performance alla FIAT, la terza fabbrica da noi occupata,





è divenuta in questa occasione la spina dorsale FIAT, giocava camminando in fila nello spazio ondulando come un serpente, puntando al di la de vetro,  la cabina della nave, ovvero il loro ufficio, su due bandiere: FIAT BRAVA e FIAT BRAVO.
Uno dei tanti lavori gemelli.







 PH T293
                                               

Sulle pareti dietro le moquette più astratte, dipinte al Làbas nel 2016,
in fondo Quadrupede e  a destra Mutandine


                                          PH T293

                                                                 PH T293

                                                                PH T293


Di fianco Tulipani,

                                                                 PH T293


                                                                 PH T293

 PH T293

                                                                 PH T293

a sinistra incorniciata dalla struttura architettonica la moquette Ciclamini, 2015

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                                          PH T293

PH T293


PH T293





Davanti a Ciclamini, a terra, quadrupede divelto,

                                                        
                                                                  PH T293

    PH T293



    PH T293






                                                                 PH T293
                                                                 PH T293
   


Marco aveva letto il post dove racconto quando gli imbianchini lo tagliarono in due, il quadro su moquette con disegnato quadrupede, nella mostra Atelier Pozzati del 2016,  per usarne una parte per proteggere il pavimento da una verniciatura; lo ha voluto così divelto, e funzionava, funzionava anche mescolato con un'altro lavoro del 2002, che si chiama sempre quadrupedi, una tela dipinta di marrone, pronta da dipingere, carpita a Claudio per farne tappeto composizione con sopra due packaging che interpretavano  2 quadrupedi, a Roma la tela marrone stava sotto, con sopra le due parti recuperate del quadro quadrupede divelto, un po scostanti così da vedere questa tela rappresentante il passato, e sopra alla tela i due oggetti tridimensionali, i due quadrupedi antichi gemellini.
Sembra un lavoro sul tempo-spazio, dove i personaggi, il tempo e il "paesaggio"  si compenetrano,  in questo lavoro ci avviciniamo molto al mondo di quadrupede, nel quale le prospettive, i sentimenti, ma soprattutto i sensi, sono diversi dai conosciuti, sono scostati, sono perplessità emotive che potremmo avere latenti e  con quadrupede empatizzare per capirle.

Con Ciclamini quasi da sfondo si sentiva una riservatezza e una bellezza come nei cimiteri.

Andando nel corridoio a sisnitra per raggiungere l'altra stanza in fondo, si poteva spiare ciclamini e duarupede divelto in prospettive escludenti di uno e dell'altro.





Pinocchio giaceva nel mezzo della stanza, un lavoro del 1998, un box per bambini con dentro pinocchio che tiene un gattino, due grandi remi escono dalla rete suggerendo la navigazione, la possibile messa in salvo.












                                                                 PH T293

Sullo sfondo Uncino, un neon del 2019.


                                                                 PH T293
                                                                 PH T293








Costruito facendo saldare al neonista vari pezzi trovati tra degli scarti nella sua officina, riempito di gas nobile Argon rende i colori vivi e dove il vetro è trasparente un intenso pulsante azzurro, i colori francesi.
Uncino ricorda anche esso il mare, la navigazione...capitan Uncino!
Un mondo tra la morte e Peter Pan è sempre il nostro, dove gli spazi del non tempo, della morte, della giovinezza eterna, del paradiso, della favola, della verità fantastica più reale della realtà.
Della materia che entrandole persistentemente  dentro la si sublima a opera d'arte.

Salvare i pezzi, i tesori.

La semplicità fredda dello stile che avevamo alla Fiat viene qui ben rappresentata, sono le moquette che danno potere all'altra faccia dell'arghizogolio della natura che spesso accompagna la nostra sintesi severa, mentre la sedia con l'abito che è stato fuori alle intemperie per 12 anni, che poteva essere anche questo un opposto arzigogolante a BRAVA e BRAVO e alla spina dorsale non ci stava da nessuna parte.
                                                                  PH T293
                                                                   PH T293








Nel 2012 stavo pulendo le piscine della mostra  del 1987 " incidente aereo",  avevamo ripreso le cose che dal 2005, quando perdemmo anche la FIAT, la terza fabbrica occupata, Sabatini ci ha gentilmente custodito in uno dei suoi capannoni,  parlavamo sull'indecisione di tenere tutti questi oggetti che avevano avuto parte nelle nostre composizioni, nel Bunker occupavano e occupano molto spazio vitale,  la sera stessa ci chiama Fabio Cavallucci per chiederci se avevamo ancora gli oggetti dell' Incidente Aereo, perché sostiene essere la mostra che gli ha aperto le porte della mente per capire l'arte e voleva riproporla, non è successo, ma abbiamo capito che dovevamo tenerle le cose.
Ecco Pinocchio è stato tenuto, salvato, come tante altre cose, e i pezzi di uncino anche, salvati, miracolati a nuova vita.

Le campiture di moquette morbide di fiori o macchie astratte dipinte, accompagnano questi oggetti, tra la forma e la composizione, tra il collage e il racconto, tutto l' insieme ha un distacco e una freddezza che non vuole respingere, ma commuovere silenziosamente.

Abbiamo portato anche molti disegni che si potevano guardare nella cabina a vetri.






































Questa mostra si aggancia anche a quella da poco inaugurata a Torino da Guido Costa, continua il viaggio sulla morte e sul salvataggio, tutt'altro stile, solo lavori recenti, più sporca e confusa, anzi diffusa in un cammino che anche lo spettatore deve risolvere.
ma questa sarà un'altra puntata.



























comunicato stampa

Cuoghi Corsello
CCCM
16 febbraio – 14 marzo 2019
Opening 15 febbraio 2019, 6 pm


T293 presenta una mostra-racconto che narra la sensibilità sviluppata nel lungo percorso artistico di Cuoghi Corsello, duo artistico formato da Monica Cuoghi (Mantova, 1965) e Claudio Corsello (Bologna, 1964), attivo nel capoluogo emiliano da più di trent’anni. Il loro sodalizio artistico germina tra le aule dell’Accademia delle Belle Arti di Bologna nella seconda metà degli anni ’80. Attingendo dal mondo del reale, della vita, della musica, del costume e della comunicazione, danno vita ad una pratica artistico-concettuale che costituisce un unicum nel panorama dell’arte contemporanea internazionale. La mostra a Roma è un viaggio immaginario attraverso mondi misteriosi, sentieri enigmatici e storie paradossali; si dipana come un fil rouge che accompagna lo spettatore nel poetico mondo dei due artisti attraverso la presentazione di composizioni del passato e lavori più recenti. Il racconto parte dai luoghi occupati da Cuoghi Corsello negli anni e che sono allo stesso tempo loro casa, atelier e museo, rappresentazione di un concetto ideologico, di un atto artistico di riappropriazione dello spazio della città, del quale prendersi cura e in cui coltivare la bellezza. 

Spina Dorsale, 2002 è una grande installazione di sedie della sala conferenze della FIAT, la terza delle fabbriche occupate (2001 – 2005), e rappresenta il nucleo centrale del racconto. Le sedie composte e ricomposte, come tutto il resto degli oggetti presenti nei vasti spazi, formano curve, disegni e prospettive sempre differenti, intersecandosi e a volte accomunandosi con gli altri oggetti. Altro spostamento avviene con Quadrupede divelto, 2015 che, dopo alcune peripezie e alterazioni, ritrova in galleria nuova vita e rinasce a partire dalla lacerazione di una parte della moquette avvenuta durante una mostra. Queste presenze si animano con il tempo interpretando ruoli e avventure e, ispessendosi, diventano più potenti, archetipi muti o parlanti che vanno a comporre lavori inediti. L'uso degli oggetti è un bisogno che gli artisti manifestano sin dal principio: non vi è una vera distinzione o separazione tra quelli trovati, quelli commissionati ad artigiani, quelli artefatti, ognuno ha uno spirito proprio che s’inserisce in dialoghi con gli altri. Nel loro crogiolo, gli oggetti raccontano equilibri e rapporti come fiabe che mutano nel tempo per rimanere vive. Vestito stagionato all'aperto per 8 anni, 2014, è un abito, comprato per la sua bellezza ma mai indossato, lasciato all’esterno come testimone di un assenza corporea, protesi orfana del suo ospite che vive l’accidentalità del tempo e degli eventi meteorologici.

Pinocchio, 1996-2001 è un’opera nata a Cime Tempestose, la seconda fabbrica occupata, che ha trovato la sistemazione ideale nel 2001 alla FIAT. Si tratta di una piccola scultura di plastica raffigurante Pinocchio che tiene in braccio un gattino, insieme naufraghi. Posto al centro di un box per bambini anni ‘70 con la rete intorno che sostiene due remi in essa incastrati, Pinocchio ha uno sguardo combattuto tra lo smarrimento e la fiducia di salvare se stesso e il gattino.

Uncino, 2018 è lavoro più recente, formato da tubi di neon rotti, fatti saldare e rivivere con il gas nobile Argon. L’alternanza tra passato e presente, così come tra la freddezza compositiva e il calore espressivo, appaiono decantare in un'unica forma.
Salvare pezzi, assemblarli, conferendo loro altra vita, prelevare lo scarto e comporre diverse scene per esso, sono da sempre azioni fondamentali e necessarie che caratterizzano la poetica dei due artisti. E così Mutandine, 2016 e Quadrupede astratto, 2016 sono due dipinti su moquette per alberghi trasformati in collage, per dare senso della materialità astratta della pittura che si posa su decorazioni pensate originariamente per altro.



miei scritti sulla mostra.

31 gennaio 2019

MCCC

Chiedo alle Muse di aiutarmi a scrivere questo testo su di noi.
Sono agitata per le troppe cose che ci siamo apprestati a fare,
questo testo avrei dovuto finirlo 6 giorni fa, sono gentili ad aspettarmi.
Avevo buttato giù delle cose e trovato pagine scritte ad Olga Gambari sugli oggetti 
che salviamo costruiamo commissioniamo e usiamo, ma non ho voglia di rileggerli, ora.

Dal 1986 i nostri pensieri si sono intrecciati 
come neve e sapori, pioggia e tuoni, nostalgia e spiritosaggini.
Alcune volte siamo spostati, come un vestito, da una leggera brezza, 
altre volte inzucchiamo l’ ampia fronte, calpestando.
Il tempo ci modella attraverso il nostro sentire e noi modelliamo attraverso il tempo.
L’attenzione per quello che la composizione  suscita, 
creandola  per dove deve stare e a volta facendola viaggiare da una storia all’ altra, è il fondamento,
senza preoccuparci di avere una costanza stilistica o formale.
La teatralità degli oggetti delle forme del vuoti delle luci della musica delle battute 
si sviluppa dal vivere con loro, dal desiderarli, dal trovarli, dall’  “artefarli”, dal sentirli.
Non c’è mai errore, quello che si rompe è salvato, quello che era stato abbandonato fa buone cose, 
sembra impossibile separare, faticoso lasciare.
Nella foresta dove ora abitiamo chiamata Bunker, ci sono cadaveri seppelliti che ci sottraggono spazio vitale,
li sosteniamo perché sappiamo che possono resuscitare e trasformarsi.

è successo che Claudio ha dipinto con gli spray un quadrupede su una moquette grigia,
un cielo sopra si è divertito a fare,  dipingendolo come macchie astratte.
Il cielo era la parte preferita.
Lo abbiamo portato per provarlo ad una mostra,
lasciato a terra  il giorno seguente era tagliato, mancava proprio il cielo.
L’ho trovato io nascosto in un angolo accartocciato, era stato tagliato 
e usato maldestramente dagli imbianchini per proteggere il pavimento dalla tinteggiatura di un pannello.
Ci siamo addolorati e arrabbiati, ho continuato il gioco, 
l’ho riunito e aggiunto  sopra due quadrupedi packaging tridimensionali 
risalenti alla terza fabbrica che abbiamo occupato nel 2001: La FIAT.
Dopo averlo fotografato lo abbiamo arrotolato e lasciato per l’assicurazione.
Conseguentemente  abbiamo dipinto delle moquette ispirati al cielo astratto di quadrupede,  
una  si chiama quadrupede e l’altra mutandine,
eravamo  in un grande studio  a dipingere, al Labàs, un centro sociale occupato , 
scacciati poco dopo non abbiamo continuato questa sperimentazione astratta.
Marco Altavilla vide  la fotografia di quadrupede divelto con sopra i quadrupedini nel post che scrissi sulla mostra,  
gli piace la composizione,  e ce l’ha  chiesta per la mostra con le  conseguenti moquette astratte.
Ero molto perplessa, ma quando ho chiesto il lavoro arrotolato da tanto per esporlo,
ho sentito una spina levarsi nel cuore di tutti, 
inoltre a Venezia nella mostra incantevole di Licini curata da Luca Massimo Barbero,
proprio lui, senza nulla sapere, mi ha parlato del quadro di Osvaldo divelto in due punti 
perché ha dato scandalo la sua astrazione, uno l’ha riparato dipingendoci, l’altro l’ha tenuto così.
L’errore, l’incidente, sono sempre indicazioni di strade diverse, sconosciute, 
per questo siamo stati dei naufraghi scopritori, giocando senza temere con il mondo di Ades.
Faccio fatica a pensare al quadrupede divelto con le moquette astratte, 
speriamo che la spina dorsale di sedie, sempre un’opera proveniente dal periodo  FIAT,  faccia reggere la nostra storia.




24 gennaio 2019


Abbiamo cavalcato gli anni come se fossero onde di pensieri sinergici, ci siamo lasciati andare a trovare forme e musiche senza vergogna, con ironia, drammaticità e una certa ubbidienza a quello che ci veniva da oggetti sentimenti e suoni trasmesso.

Negli anni che scorrevano ci sorprendeva di essere al timone in vantaggio di diversi anni dalle cose che dopo avvenivano in campo artistico e musicale, sempre fuoricampo.

Legati dal mondo degli oggetti e dei gattini abbiamo viaggiato poco, solo per esporre e mai in vacanza, due viaggi a New York, regali dal padre di Claudio, alla sorella aveva regalato il matrimonio.
Nella grande mela ci sentivamo più a casa che qui a Bologna o a Milano, a nostro agio in ogni situazione, era strano, così che non ci sembrava necessario andarci ad abitare, li abbiamo capito che è qui che dobbiamo agire per cambiare le linee.
Un’ambizione che abbiamo pagato, ma nella quale crediamo ancora, l’arte cambia il mondo e solo da qui ci sono le circostanze energetiche e sincroniche perché questo possa accadere, qui nascono le idee e l’arte nuova, altrimenti come avremmo fatto  a fare cose così prima degli altri?
Si le idee nascono qui, ma i frutti si colgono altrove, solo quando si mangeranno qui le mele comincerà ad esserci una importante inversione storica.

Nella confusa ironia e poesia mortifera ogni cosa ci ha accompagnati come Noe con la sua nave , il rispetto del più piccolo frammento ha dato luogo a composizioni e scatole piene di cose che gli altri umani buttano.
Una grande sofferenza lasciare andare, ogni cosa merita attenzione.

Diverse le lettere all’assessore o al sindaco del momento per creare un museo con tutte le cose che abbiamo della città salvate e così amate da renderle preziose.

I nostri progetti variano così tanto dalle recite alle musiche, alle composizioni che è difficile seguire una linea del nostro operato fisica, i racconti e le moralità si diversificano, ma c’è un tronco che sostiene severo tutti i rami seri e giocosi intorno.

Rifotografare centinaia di volte le stesse cose, gli stessi fiori che si sviluppano da vicino, i sassi, i giocattoli trovati che cambiano scenetta, il cielo, le torri, le finestre della casa, le tantissime ed enormi finestre, o il buio , il buio con i rami, il buio con i passi, che colpo arrivare a New York e vedere foto fatte al buio dove i rami sono di quel colore agognato da ottenere, e che ora che anche io posso farlo non mi interessa più perché non li ho più vicino a me quegli alberi al buio che percorrevo ogni sera intorno.

La pazienza di mettere sempre a posto benissimo per ritrovarsi ad avere tutto sparso nei cd,  dvd e nelle migliaia di scatole, dopo tanto ordine studiare in poco tempo i programmi ed essere disgustata dalle icone obbligatorie e le scritte di altri, immondizia nel mio giardino.

Ora bestie abituate a tutto.

Ho rimpianto della purezza nella povertà lussuosa dei soli desideri.

Non si può tornare indietro, ma ben contenta sono, è molto più divertente ora il mondo dell’arte che negli anni novanta, solo i bambini graifitisti ci hanno fatto vedere il fuoco in quegli anni e il nostro ritiro è stato perdonato, ma ora c’è più simpatia e libertà.

Non vogliamo essere giovani, amiamo i vecchi, siamo nonni con i bambini, siamo bambini che giocano con i pronipoti.


E poi sbagliare, cerchiamo sempre di sbagliare adesso che siamo furbi, perché è dagli sbagli che trovi chi siamo.


E poi pensare che tutto quello che trovo è sincronico  salvato per dire e capire.