venerdì 28 gennaio 2011

Festa Mobile 2011





mail inviata ad Antonio Grulli dove viene spiegato il lavoro di Cuoghi Corsello


giovedì 20 gennaio 2011


ciao Antonio!
Siamo un po' sotto sopra perché dobbiamo sistemare una casa e traslocare per fine mese.
Venerdì siamo in città perché andiamo da Gino e da Farnè ci si potrebbe beccare tra una cosa e l'altra in uno dei bar tipo alle 19.30 cosa dici?
Ci puoi cmq dare gli indirizzi dei bar che ci passiamo venerdì?
Sono sempre più convinta di mettere la donnina per la quale fb mi ha bannata, questo perché come già ti dicevo fb è come il bar, e le mie donnine che diventano vive di materia sulla ceramica sono come i bar che sono materiali e reali e ci si può incontrare fisicamente.Noi da molto non andiamo mai al bar , quasi mai, ma abbiamo trascorso periodi che addirittura ci lavoravamo, disegni collages con tavolino prenotato, si chiamava bar dei cazzi per noi e i nostri amici perché il titolare ci mostrò la sua collezione di vibratori...era il bar del teatro in via Rialto, poi da piccola frequentavo il bar di Pino bartman delle navi... insomma è per queste esperienze dirette nei bar che ora fb è per me come il bar, veramente sai per un sacco di motivi sensazioni praticità.
Sto raccontando questo lavoro ad alcune persone non avvezze all'arte e viene capito subito per questo anche mi piace.
I signori che le eseguono sulla ceramica di solito fanno le foto dei morti, e invece rendono vive le mie donnine.
Ogni giorno da due anni pubblico sul mio profilo una donnina nuda con la data e questo aveva portato a farle conoscere a tante persone facendole felici, parlo in passato perché essendo stata bannata ora ho dovuto ricominciare e ho pochissimi amici e poche fotografie... 
Spero ci possiamo vedere venerdì anche per sapere se il bar accetta di mettere una signorina così scoperta.
A presto, buon lavoro Monica .

Claudio è d'accordo, ma ci siamo dati ancora delle altre possibilità soprattutto dopo che siamo stati nei bar.

La donnina cmq l'ho fatta fare ci vuole un po' di tempo, anzi mi fanno il favore di farmela per tempo 

Ciao!


















ecco qua ragazzi.....propagate il verbo....fino alle isole britanniche.....

Festa Mobile 2011



download.jpg

a cura di Davide Ferri e Antonio Grulli


Sabato 29 Gennaio, Bologna

Bar Maurizio, Via Guerrazzi 22
Bar Miki e Max, Via Orfeo 24 (angolo Via de' Coltelli)

in collaborazione con Irene Guzman e Valentina Rossi



Festa Mobile, giunta alla seconda edizione, è una mostra, una giornata di performance e conversazioni in tre bar del centro di Bologna, in zona Santo Stefano, vicino a Porta Castiglione.
Si svolgerà sabato 29 dalla mattina, all'apertura dei bar, fino al tardo pomeriggio. 
Festa Mobile ha a che fare con l’idea di bar come luogo di  chiacchierate e discussioni informali; come protesi dello studio o di uno spazio lavorativo.
Quest’anno verrà sviluppata l’idea di conflittualità e scontro, di dialogo sopra le righe, di discussione animata all’interno del bar e possibilmente del mondo dell’arte, anche in forma di aneddoti e racconti.
Una visione del bar come arena, ring, e campo di battaglia.



Interventi di: 
Alessandra Andrini, Francesco Arena, Simone Berti / Alessandro Sarra, Chiara Camoni, Ludovica Carbotta, Cuoghi e Corsello, Sara Enrico, Cleo Fariselli, Ettore Favini, Christian Frosi, Andrea Kvas, Chiara Pergola, Marco Rambaldi, Marco Raparelli, Luca Scarabelli / Filippo Pagotto, Lorenzo Senni, Lorenzo Scotto di Luzio, Alice Tomaselli, Nico Vascellari, ZimmerFrei
(la mostra è visibile per tutta la giornata di sabato)

Ore 10.00, Bar Miki e Max
Presentazione catalogo di Sissi "Abitanti " edito da Mousse Magazine in occasione della mostra presso Fama Gallery; parteciperanno l'artista e Laura Barreca

Ore 16.00, Bar Miki e Max
Stati di Agitazione: una conversazione sull'idea di scontro e di conflitto con Francesco Arena, Luca Cerizza, Marco Cingolani, Elisa Del Prete, Vincenzo Latronico, Alessandra Sandrolini, Pier Luigi Tazzi


DAVIDE FERRI - Abbiamo deciso che Festa Mobile si svolgerà in alcuni dei bar dello scorso anno. Perché non dovrebbe essere così? La frequentazione dei bar ha a che fare con l’abitudine. Anche noi in fondo abbiamo continuato ad incontrarci negli stessi posti. Adesso i baristi conoscono anche me e mi salutano. Hanno chiesto qualche volta se avremmo rifatto Festa Mobile. Ci piaceva l’idea di approfondire  uno degli aspetti emersi lo scorso anno. Riguarda la dimensione della discussione animata, del dialogo sopra le righe, della potenziale conflittualità che può sprigionarsi in luoghi come il bar. È un po’ un topos dell’aneddotica sugli artisti e i movimenti almeno fino alle avanguardie. Ricordo certi passi del libro di Timothy Clark – Immagine del popolo - dove si racconta delle litigate di Courbet  con altri artisti, nelle osterie. Anche il saggio di Rewald sull’impressionismo mi è sempre piaciuto molto perché descrive dettagliatamente le dinamiche di certe discussioni animate che avvenivano tra i pittori, con il seguito di scazzottate e, talvolta, di duelli. Tutto iniziava quasi sempre nei caffè e nelle osterie, manco a dirlo. Poi questa dimensione del confronto, anche sopra le righe, risponde al bisogno di un scambio più frontale, diretto, all’interno del mondo dell’arte, ce ne siamo accorti durante le tavole rotonde di La Pittura è Oro, a Milano.
ANTONIO GRULLI - Beh, sì, secondo me la cosa aveva senso solo se ripetuta più o meno negli stessi bar. Ha a che fare con un’idea di una comunità di persone. A cui apparteniamo in qualche forma. E con un’idea di bar come protesi di uno spazio lavorativo, di uno studio, dove si fa la rassegna stampa tutte le mattine (quante volte mi hanno messo da parte i giornali su mia richiesta per un articolo a cui tenevo), e in cui si incontrano le persone. E in effetti forse la cosa interessante potrebbe essere proprio quella di approfondire questa dimensione della conflittualità che l’anno scorso avevamo toccato parzialmente in alcuni incontri riuniti sotto il concetto di “ostilità”. Una sorta di visione del bar come arena, ring, campo di battaglia di idee ma talvolta anche di scazzottate. Come quelle che hai ricordato tu o come quella più famosa dei futuristi in missione punitiva a Firenze per un regolamento di conti col gruppo fiorentino di Soffici e Papini. Scazzottata che è diventato uno dei miti fondativi dell’arte italiana. È molto interessante anche la cosa che dici dell’aneddotica, come se il bar ne fosse una delle sorgenti principali, dove tutto si fa un po’ teatrale e dove i principali protagonisti delle storie siamo noi. Come se si diventasse dei “personaggi” da bar; come se il bar fosse una nuova dimensione narrativa; come un libro o una piece teatrale appunto. Ma questa cosa dell’aneddotica mi ricorda anche alcuni passaggi molto belli proprio di una delle conferenze di Milano sulla pittura, in cui Cingolani faceva notare (parlando della dimensione narrativa della pittura) che anche la Bibbia in fin dei conti si basava proprio su un insieme di aneddoti.
DF – Se penso a quel che dici, sul ruolo di una scazzottata nell’arte italiana, mi vengono in mente i discorsi che facevamo durante quella cena a casa di Sissi, ricordi? Era poco prima del natale scorso, e con Flavio Favelli e altri si giocava a tirar fuori, a turno, almeno un ricordo di un litigio o di una rissa nel mondo nell’arte a cui ci era capitato di assistere di persona. Non è che venisse fuori granché. Una volta, a San Gimignano, io vidi Mario Merz colpire con un pugno un critico più giovane (ma era una cosa scherzosa, anche se quel pugno deve avergli fatto male), ed era proprio in un bar. Certo le persone non debbono necessariamente litigare, o ancor peggio picchiarsi, ma il fatto che certe forme di confronto così emotive, o viscerali, siano state espulse dal mondo dell’arte è un segno dei tempi. Ha a che fare con l’impressione che non ci sia nulla, un’opinione o una divergenza di natura teorica, per cui valga la pena, ogni tanto, uscir fuori dai ranghi e diventare un poco più diretti. Soprattutto, in Italia, è mancato quel confronto generazionale, in forma di dialogo o anche di conflitto, da cui in genere nascono un sacco di cose interessanti. L’altra sera parlavo ad una cena con Ludovico Pratesi che mi chiedeva “ma voi trentenni che cosa ne cosa pensate veramente della nostra generazione di critici e curatori? Siete sicuri di conoscerci così bene?”. Avrei potuto girargli le stesse domande. Questa dialettica generazionale tra artisti, curatori e galleristi è una cosa di cui forse in Italia avremmo bisogno per riattivare un dibattito critico dai confini un po’ più ampi (pensa a quanto fu produttivo nell’America degli anni sessanta il desiderio da parte di una generazioni di artisti pop e minimal di uccidere i loro padri, cioè gli espressionisti astratti americani…).
AG: In arte forse non è così vivace questo dibattito su un conflitto generazionale che invece investe  molto altri campi quali quello politico ad esempio. Anche perché mi sembra che per quel che riguarda il salto generazionale degli artisti, in effetti, possono esserci delle differenze stilistiche o di contenuti, o di poetiche, ma tutto sommato le cose cambiano fino a un certo punto. Mentre per quel che riguarda il mondo curatoriale c’è stato un enorme salto. Nel senso che anche solo una generazione prima della nostra erano in pochissimi a fare questo mestiere, e le idee erano abbastanza confuse su cosa significasse essere un curatore. Non che adesso le idee siano più chiare (perché comunque siamo ancora ai primordi della nostra professione), però per lo meno è iniziato un dibattito a livello internazionale sulla pratica curatoriale, a cui l’Italia partecipa in maniera attiva; inoltre per la prima volta c’è un grande numero di curatori intorno ai 30-40 anni che lavora e che in parte si è anche formato all’estero; insomma, inizia a esserci una sana “competizione” di idee e di progetti, mentre prima le mostre “curate” si contavano sulla punta delle dita ed erano davvero pochi coloro che organizzavano mostre; siamo la prima generazione che ha potuto contare su internet, i voli low cost e tutto un sistema di distribuzione di libri e magazine che non esisteva. Anche a livello di poetiche mi sembra che dall’inizio del nuovo millennio si stia delineando comunque un cambiamento molto forte.